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Rocca D'Orcia, Tentennano

Titolo: Rocca D'Orcia, Tentennano
Tipo:

Località:     Latitudine: 43.0114503821    Longitudine: 11.6147750894

La Rocca d’Orcia o Rocca a Tentennano o Tintinnano, come si legge nei più antichi documenti, si erge su uno sperone a dominio della Valle dell’Orcia con un profilo caratteristico e riconoscibile.

Rocca di Tentennano

La Rocca d’Orcia o Rocca a Tentennano o Tintinnano, come si legge nei più antichi documenti, si erge su uno sperone a dominio della Valle dell’Orcia con un profilo caratteristico e riconoscibile. Il toponimo Tintinnano compare nelle carte d’archivio per la prima volta come curticellam de Titinano tra le proprietà del monastero di San Salvatore al Monte Amiata alla metà del IX secolo; ricompare successivamente in tutte le conferme dei re ed imperatori fino all’XI secolo, assumendo dal 996 con Ottone III il nome di curtem sancti Clementis, que est in Titinano. Nel IX secolo però l’abbazia non era l’unico possessore di terre ed edifici nella zona, ma esistevano libere proprietà allodiali come in un documento dell’anno 867 in cui appare, tra i vari beni citati nell’accordo tra Winigi conte di Siena e quattro fratelli figli del fu Petrone di Chiusi, una casa massaricias nostras in casale Titinanu. L’ultima volta che la corte di Tintinnano risulta come una proprietà dell’abbazia di San Salvatore al Monte Amiata è in un diploma dell’anno 1027. Da questo momento non abbiamo più informazioni fino alla seconda metà del XII secolo quando una famiglia di fedeli dei conti Aldobrandeschi, i Tignosi, dal nome del loro capostipite Tineosus, si erano affermati nel territorio prima del 1170 e possiedono Tintinnano. Si deve a questa famiglia la trasformazione della struttura insediativa della corte di Tintinnano con l’aggiunta di una rocca ed un borgo sottostante. Negli stessi anni un membro di questa famiglia, Rolando, accede alla carica di abate di San Salvatore, dimostrando l’importanza ed il potere dei Tignosi in Val d’Orcia. Pochi decenni più tardi, all’inizio del XIII secolo, i Tignosi erano organizzati in una consorteria, retta da Guido Medico che dominava le circa centocinquanta famiglie di Tintinnano e del suo territorio; questa ed i rappresentanti della comunità di Tintinnano stipularono nell’aprile del 1207 la nota carta libertatis che stabiliva i rapporti sociali ed economici, le competenze fiscali e quelle amministrative tra questi ultimi ed i signori della rocca. Negli anni trenta del Duecento Tentennano subì devastazioni ad opera degli Orvietani nel quadro delle guerre di espansione dei comuni di Orvieto e Siena. Siena nel 1250 iniziò l’acquisto delle quote di proprietà di Tintinnano e ricevette il giuramento di fedeltà degli uomini del luogo; successivamente, nel 1274, i senesi cedettero la rocca ed il castello di Tentennano ai Salimbeni, come garanzia di un ingente prestito ricevuto dalla potente famiglia, che ne avrebbe consolidato il controllo, assieme a gran parte della Val d’Orcia, durante tutto il secolo successivo. La signoria dei Salimbeni si scontrò a lungo con la Repubblica di Siena fino agli inizi del XV secolo, quando furono definitivamente sconfitti e la loro principale roccaforte (Rocca d’Orcia) occupata da Siena nel 1419.

Oggi nell’area della rocca si conserva un’alta torre a poligono irregolare della quale la base è probabile appartenga alla torre fatta innalzare dai Tignosi, poi acquisita da Siena ma l’alto elevato potrebbe essere stato quello voluto dai Salimbeni andando ad inglobare anche lo spuntone roccioso della collina. La rocca si è conservata quasi inalterata nel corso dei secoli anche se molto trasformata soprattutto all’esterno dall’ultimo restauro del XX secolo. Intorno all’altura della rocca si dispiega il borgo, oggi così come nel Medioevo.

Approfondimenti

Aldobrandeschi

Gli Aldobrandeschi furono una nobile famiglia comitale, di origine longobarda, discendevano dai duchi di Spoleto Ildebrando e Mauringo ed appartenevano alla stessa stirpe dei Re d'Italia Liutprando, Ansprando ed Ildebrando, che nel corso del Medioevo dominò vasti feudi nella zona della Maremma e dell'Amiata.

I loro domini si incentravano sulle località di Colle Val d'Elsa, Santa Fiora e di Sovana, oltre a Tuscania in territorio laziale.

Tradizionalmente ghibellini, gli Aldobrandeschi passarono al campo guelfo dopo la morte dell'imperatore Federico II nel 1250, questo non impedì però che i loro possedimenti venissero progressivamente erosi dalla Repubblica di Siena alla quale essi si sottomisero con un atto del 1221.

Nel 1274, i loro possedimenti nella Toscana meridionale furono ripartiti nella Contea di Sovana e nella Contea di Santa Fiora, che da allora furono governate da due rami distinti della famiglia. La successiva estinzione del ramo di Sovana fece ereditare l'antico stato alla famiglia Orsini, determinando la nascita della Contea di Pitigliano; la successiva estinzione del ramo di Santa Fiora fece ereditare agli Sforza il territorio rimasto della contea.

Famiglia dei Tignosi

Verso la metà del secolo XII, comunque prima del 1170, si affermò sul Castello di Tintinnano (oggi Rocca d’Orcia) il dominio dei Tignosi, una famiglia di vassalli dei conti Aldobrandeschi. Agli inizi del Duecento i Tignosi erano organizzati in una consorteria, con un "rettore", e dominavano su circa 150 capi-famiglia della Rocca e del suo territorio; una convenzione stipulata nell'aprile del 1207 tre il "rettore" della consorteria e un rappresentante degli uomini di Tintinnano, definì gli obblighi di questi ultimi e la ripartizione di alcune competenze fiscali e amministrative tra i signori e il comune locale.

Carta libertatis

All’Archivio di Stato di Siena si conserva un’importante pergamena emessa nel 1207. Si tratta della Charta libertatis concessa da Guido medico, del fu Uguccione di Tignoso da Tintinnano, a nome suo e dei suoi fratelli e nipoti, ricordati nel documento agli abitanti di Tintinnano. Si tratta di uno dei primi, preziosi, esempi in Europa dell'affrancamento dalle servitù feudali. Un testo statutario attraverso il quale i conti furono costretti a riconoscere molti diritti alla comunità rappresentata da un console che sia pur subordinato al console che rappresentava i conti dava voce alle esigenze della popolazione.

Rocca

La rocca come è visibile oggi, nonostante un intervento di restauro che ha alterato un po’ l’aspetto esterno del paramento murario, mantiene le caratteristiche romaniche dello stile con il quale è stata costruita nell’ultimo quarto del XIII secolo. Di questo monumento spicca soprattutto l’aspetto pratico e funzionale che spinse i costruttori del tempo a mantenere una straordinaria aderenza con le caratteristiche del terreno. Questo aspetto a fatto si che la forma della torre seguisse quella della collina sottostante donando un aspetto di naturalità al monumento che pochi altri hanno.

Borgo

Il borgo si dispone a cerchio intorno all’altura sulla quale domina l’altissima rocca. Tutto il nucleo abitato in origine era cinto da mura, mancanti forse solo dove la natura operava con profondi strapiombi per difendere le case. Di queste mura oggi si conservano solo pochi tratti, in particolare il lato a ovest nel punto in cui si apriva una porta della quale rimane solo lo stipite destro. Praticamente intatta è invece la porta che si apre sul versante opposto del borgo con un bell’arco a tutto sesto poggiante su due conci d’imposta. Le costruzioni di maggior interesse si trovano quasi tutte lungo il Borgo Maestro che attraversa l’intera lunghezza da una porta all’altra. E’ riconoscibile l’antico palazzo comunale che conserva inalterato il paramento in filaretto con una porta e una finestra ad arco in mattoni. Il gioiello di Rocca d’Orcia è la piazza centrale, detta della cisterna per il fatto che lo spazio triangolare pendente è dominato da una grande cisterna poligonale emergente per quasi tutto il perimetro, sormontata da una grande vera ottagonale in pietra ornata di stemmi. Un secondo pozzo quadrato sempre in pietra sorge su un rilievo nella porzione sud della piazza.

Percorrendo la via che divide il borgo dalla porta ad arco si sale verso l’area della cosiddetta Rocchettina. Continuando tra poche case ci si imbatte su un grosso fabbricato che sovrasta il giardino che era un tempo l'ospedale della Rocca, destinato ad accogliere pellegrini e viandanti in cammino lungo la Via Francigena.

Si conservano ancora le due chiese del borgo, quella di S. Sebastiano che mantiene tracce romaniche al di sotto del rifacimento seicentesco della facciata e quella di S. Simeone della quale rimane l’abside addossata alla roccia e la semplice facciata romanica a capanna.