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S. Antimo

Titolo: S. Antimo
Tipo:

Località:     Latitudine: 42.99946    Longitudine: 11.51511

La grande abbazia benedettina di S. Antimo domina con la sua imponente mole la bellissima Valle dello Starcia. L’abbazia è attestata fin dal IX secolo, la leggenda vuole che essa sia stata voluta dall’imperatore Carlo Magno, ma l’aspetto attuale si deve ad una completa riedificazione seguita ad una donazione del conte Bernardo degli Ardengheschi elargita nell’anno 1117. La chiesa di Sant’Antimo è considerato il più importante monumento romanico della Toscana meridionale.

La bianca regina della Val di Starcia

La grande abbazia benedettina di S. Antimo domina con la sua imponente mole la bellissima Valle dello Starcia. L’abbazia è attestata fin dal IX secolo, la leggenda vuole che essa sia stata voluta dall’imperatore Carlo Magno, ma l’aspetto attuale si deve ad una completa riedificazione seguita ad una donazione del conte Bernardo degli Ardengheschi elargita nell’anno 1117. La chiesa di Sant’Antimo è considerato il più importante monumento romanico della Toscana meridionale. Ha con un impianto a tre navate e un deambulatorio con cappelle radiali che la avvicina a chiese d’Oltralpe poste lungo le grandi vie di pellegrinaggio. I caratteri internazionali della struttura si leggono anche nel ricco apparato scultoreo di influenza francese e nella facciata progettata a portali gemini che richiamano il Santo Sepolcro di Gerusalemme. Al di sotto della chiesa si trova una cripta a tre navatelle con volte a crociera e due absidi contrapposte. Tra le presenze da segnalare la piccola cappella ipogea che contiene al suo interno, usata come lastra di un altare, una tra le più antiche iscrizioni che attestano la diffusione del culto cristiano nelle campagne. Si tratta di una iscrizione funeraria cristiana di fine IV secolo d.C.

La pianta della chiesa romanica è unica in Toscana e molto rara in Italia. L’impianto è basilicale e la navata principale termina ad est con un deambulatorio con cappelle radiali che rappresenta un modello diffuso oltralpe ma innovativo in Toscana. Si tratta di un elemento architettonico che comunemente viene messo in relazione alle vie di pellegrinaggio. Altri elementi architettonici che riportano alla cultura artistica d’oltralpe sono lo slancio della navata che supera i 20 m d’altezza, la divisione della navata centrale per mezzo di tre livelli architettonici che variano nei tipi di aperture (grandi arcate, matroneo e finestre). Di tipo lombardo sono invece altri elementi della struttura come il ritmo delle colonne interrotto da pilastri.

Tutta l’abbazia è caratterizzata da un apparato scultoreo particolarmente importante e di pregio. La struttura esternamente ha un aspetto uniforme e rigoroso tranne una delle absidi, quella più meridionale che appare evidentemente diversa dalle altre, la cosiddetta Cappella Carolingia così come la facciata che sembra incompiuta rispetto all’uniformità del paramento murario della chiesa.

Il progetto romanico probabilmente si rivelò superiore alle possibilità economiche tanto che la stessa chiesa rimase incompiuta ed in generale il cenobio benedettino era in decadenza già nel secolo XIII e nel 1291 passo ai guglielmiti.

Approfondimenti

Origini e storia dell’abbazia

Una carta dell’anno 715 redatta sotto il re longobardo Liutprando cita per la prima volta una ecclesia Sancti Antimi. Il documento è stato compilato allo scopo di raccogliere testimonianze per redimere una questione vertente tra i vescovi di Siena e di Arezzo in merito al possesso di importanti edifici religiosi posti al confine fra le due diocesi. Non possiamo essere certi che questa prima attestazione di un Sant’Antimo possa però collocarsi nella stessa sede dell’abbazia benedettina di XII secolo. Sappiamo che intorno al 770 un abate Tao fu incaricato di costituire un primo monastero benedettino. Intorno all’anno 781 Carlo Magno seguendo il percorso della via Francigena si trova a passare per il monastero benedettino nella Valle dello Starcia ancora in costruzione La leggenda narra che nell’occasione della sua sosta avrebbe donato al monastero parte delle reliquie dei santi Antimo e Sebastiano. Da questo evento si è poi generata la leggenda che vuole il monastero fondato dal re carolingio. Di sicuro sappiamo che il figlio di Carolo Magno, Ludovico il Pio arricchisce il monastero di molti beni come si legge in quella che possiamo citare come una tra le più importanti testimonianze scritte dell’Abbazia. E’ un documento dell’anno 813 di Ludovico il Pio conservato all’Archivio di Stato di Siena con il quale si concede a Sant’Antimo il vasto patrimonio di terreni che dalla costa tirrenica arriva a confinare con le diocesi di Chiusi e di Siena; in particolare sono i corsi d’acqua dell’Asso e dell’Ombrone a fungere da limiti territoriali nella porzione interna delle proprietà.

Cappella Carolingia

Con il nome Cappella Carolingia comunemente ci si riferisce alla porzione di edificio ritenuta la più antica del complesso abbaziale con la quale si identifica, a ragione secondo il Gabbrielli, il monastero fondato da Carlo Magno nell’813. Oggi questa cappella è utilizzata come sacrestia ed è dotata di una bella cripta ad absidi affrontate. La cappella è quello che rimane di un edificio molto più ampio che forse si estendeva sotto la chiesa attuale dell’abbazia e della quale la cappella poteva essere un braccio del transetto. Questa lettura parrebbe maggiormente coerente, osserva Gabbrielli, con una fondazione carolingia, con un patrimonio monastico già molto consistente e con la grande quantità di frammenti scultori erratici di IX secolo. La cappella è a navata unica rettangolare coperta da due volte a crociera ma in origine probabilmente a capriate lignee.

Cantiere romanico

Un importante tema dibattuto tra gli studiosi riguarda la cronologia esatta del cantiere di Sant’Antimo per il quale non c’è molta concordanza tra gli stessi. I primi studiosi Canestrelli e Salmi vedevano il monumento in costruzione nel 1118 sulla base dell’iscrizione posta presso l’altare maggiore che si riferisce ad un’importante donazione da parte del conte Bernardo degli Ardenghesci ma non per certo alla fase costruttiva come fa notare Moretti. Il Burrini pone l’inizio dell’atelier verso il 1150 e il 1160 al tempo dell’abate Guidone in una fase di riconferme dei privilegi imperiali che certamente equivaleva a benessere economico.

La chiesa di Sant’Antimo è unica in Toscana per l’altissimo livello delle maestranze utilizzate che hanno tratto ispirazione dal grande monastero benedettino francese di Cluny. L’ecletticità del cantiere e i vari influssi della costruzione sono gli elementi che più fanno pensare che il progetto non sia interamente dovuto all’architetto Azzo dei Porcari come sembra dire l’iscrizione di XII secolo conservata nel listello inferiore dell’architrave del portale.

Della grande struttura monastica di XII secolo rimangono oggi altre strutture superstiti oltre alla chiesa. Si tratta della Sala Capitolare e parte del Chiostro. Las Sala capitolare era il luogo dove di monaci si riunivano in Capitolo. Di essa rimane una bellissima trifora sorretta da colonnine. I due capitelli che sorreggono le colonnine sostenenti pulvini a gruccia si ritengono tra i più antichi apparsi in Toscana e si collocano in un momento preromanico. Del chiostro che caratterizzava il centro del monastero rimane solo il perimetro e il pozzo. Quello che erano il refettorio e le cucine dopo un lungo restauro è oggi destinato ad alloggio dei monaci. Il grande progetto costruttivo non arrivò mai alla conclusione definitiva tanto che rimasero incompiuta probabilmente la facciata e i locali monastici.

Donazione del conte Bernardo

Sui gradini dell’altare maggiore è stata lasciata perenne memoria con un’iscrizione dell’importante donazione fatta al monastero di Sant’Antimo da parte del conte Bernardo, figlio di Bernardo degli Ardenghesci nell’anno 1118. Il conte cedette il suo intero patrimonio di beni mobili ed immobili ad Ildebrando figlio di Rustico perché lo trasferisca per intero all’abbazia.

Facciata

Tra gli elementi architettonici di Sant’Antimo tra i più dibattuti vi è la facciata. Gli studi più vecchi convergevano nell’attribuire l’aspetto della facciata a distruzioni successive alla costruzione originaria che doveva prevedere un portico monumentale, così secondo il Canestrelli, il francese Enlart e la Raspi Serra. Si immaginava quindi in origine un atrio molto solenne in accordo con l’alto stile delle decorazioni originarie. Per il Toesca e Moretti invece l’attuale sistemazione fu raggiunta già all’inizio della costruzione che evidentemente non poté spingersi fino al progetto iniziale troppo ambizioso per le risorse finanziare dell’abbazia e rimase quindi incompiuta rispetto al progetto originale. Sono visibili quattro arcate cieche impostate su larghi pilastri. Si presume l forma che doveva avere con una duplice porta mai realizzata, sostituita da una unica sistemata in un rimaneggiamento successivo.

Portale e porte laterali

Il bellissimo portale della chiesa è stato oggetto di molti studi da parte di storici dell’architettura e interpretato come gemello di quello della chiesa romanica di S. Maria a S. Quirico d’Orcia. Probabilmente i due portali erano stati realizzati per la progettazione originaria della facciata di Sant’Antimo, quando poi essa dovette assumete l’aspetto ridimensionato che vediamo oggi uno dei portali probabilmente fu destinato ad un altro edificio in costruzione in quel periodo in Val d’Orcia.

L’architrave è decorato da girali di fogliame che si sviluppano verso destra e sinistra. L’architrave poggia su due mensole aggettanti in una delle quali è scolpito un Leoncello passate e nell’altra una testa di animale. Nel listello inferiore dell’architrave si trova un’iscrizione di XII secolo che ricorda “praevius auctor istius aegregiae aurlae” l’abate Azzo “ libens portavist pondera tanti operis”.

La piccola porta presente nel fianco nord ha uno degli stipidi e l’architrave decorati da intrecci geometrici di IX secolo. Anche la porta che si apre sul fianco meridionale risulta decorata da intrecci di IX secolo. Le due porte è probabile quindi che appartenessero all’edificio religioso del monastero altomedievale prima del grande cantiere di XII secolo.

Apparato scultoreo

Le sculture di Sant’Antimo, in particolare i capitelli che sormontano le colonne, rappresentano uno dei punti più alti della scultura medievale toscana. Già i primi studiosi del XIX secolo avevano individuato la provenienza francese delle maestranze di Sant’Antimo e addirittura ne avevano circoscritto la provenienza dall’area tolosiana. Alcuni studiosi non concordavano però con questa visione riconoscendo solo una provenienza lombarda dei maestri. Che ci fosse una componente lombarda era infatti noto e con l’affinarsi degli studi si è arrivati a distinguere una maestranza lombarda attiva nella porzione orientale dell’edificio e una francese con influssi spagnoli (la cosiddetta corrente franco-iberica) in quella occidentale. I fregi dei capitelli santantimiani paiono confermare, secondo alcuni, la presenza in questo cantiere abbaziale di maestri hispano-linguadocani che paiono essere gli artefici dei capitelli e dei due portali gemelli di Sant’Antimo e S. Quirico d’Orcia, per i quali si presume un importante collegamento con i centri di pellegrinaggio. Alcuni studiosi infine considerano le maestranze attive a Sant’Antimo come lombarde di formazione pavese ma che potrebbero aver maturato esperienze in Alvernia. Tra gli elementi scultorei più importanti vi è il capitello del Maestro di Cabestany che rappresenta San Daniele nella fossa dei leoni.

Campanile

Il campanile di Sant’Antimo è comunemente ritenuto frutto del progetto dell’architetto lucchese Azzo dei Porcari, indicato nell’iscrizione presente nell’architrave della facciata. Il campanile di Sant’Antimo si inerisce a pieno tra i campanili di tipo lombardo della Toscana, qualcuno addirittura lo ha considerato come il primo del genere in questa zona collocandolo verso la metà del XII secolo. Anche se di tipo lombardo il campanile mantiene anche delle derivazioni pisane e lucchesi, come la spartizione degli ordini con archetti pensili profondi e di ampia apertura così come il tipo di bifora del quarto ordine.

Cripta

Al di sotto dell’altare maggiore si trova una piccola cripta alla quale si scende tramite una scaletta posta dinnanzi alla porta della sagrestia, nell'ultima campata della navata laterale destra. Questo ambiente è coperto da una semplice volta a botte ribassata, nella quale vi è un'apertura che dà sui gradini davanti all'altare. Addossato alla parete di fondo si trova quello che era il sepolcro di Sant'Antimo, ricavato in un altare cavo all'interno e munito, sulla parte anteriore, di un foro rettangolare, da cui si potevano vedere le reliquie. Sopra di esso si può vedere un semplice affresco dei primi del Quattrocento raffigurante La deposizione di Gesù nel Sepolcro. Importante la lastra di copertura dell’altare che reca un’iscrizione paleocristiana datata al 347 d.C. che si riferisce alla sepoltura di un giovane cristiano di nome Giovino.